Speciale medaglia del Presidente della Repubblica anno 2005

   edizione 2009 tra poco online

2005
La quinta edizione del Festival della Tradizione di Praiano prevede sette appuntamenti musicali ben differenziati, in rappresentanza di altrettante culture regionali italiane o di particolari aspetti di esse. Sulla suggestiva terrazza della Piazza Antico Seggio si alterneranno musicisti provenienti dalla Campania, dalla Puglia, dal Molise, dal Friuli e, per la prima volta in costiera amalfitana, dalla Sardegna. In controtendenza rispetto alla pletora di manifestazioni occasionali che solitamente riempiono la vita culturale vacanziera delle località balneari, a Praiano è ancora una volta di scena la sostanza, e non la sterile e costosa apparenza. Il pubblico di Praiano, durante le precedenti edizioni del Festival, salutate con crescente entusiasmo, ha capito ed apprezzato tutto ciò e segue con interesse i percorsi proposti.
Rimandando ai testi di presentazione dei singoli concerti per la conoscenza di origini e significati, voglio qui chiarire i criteri che mi hanno guidato nella scelta dei gruppi.
Considerando che sono passati cinquant’anni dalla ‘nascita’ del folk revival, e quindi che non sono più attivi gli autentici rappresentanti della ‘riproposta’, ho cercato di individuare, nell’ormai ampio panorama dell’offerta musicale folk, quei musicisti e quella musica che rappresentassero una genuina ‘proposta’, basata su ciò che è dentro l’evento musicale tradizionale e non su ipocrite pretese puriste o su confusi concetti di contaminazione e, peggio ancora, di funzioni sociali della cultura tradizionale.
In questo senso è esemplare il progetto presentato dal gruppo Tarantula Garganica, il quale s’inserisce nello stanco filone del tarantismo levantino ma apporta nuova vitalità semplicemente scavando con grande rispetto all’interno di quel repertorio che ha subìto, e subisce quotidianamente, maltrattamenti di ogni genere. Senza rivendicazioni o anacronistici filologismi, il gruppo rende coerente e comprensibile ogni testo, allontana ogni inutile virtuosismo, non cerca l’originalità ad ogni costo e, in ultimo, arrangia e suona con misura, gusto e vera passione. In questo modo restituisce tutta la sacralità della musica popolare garganica, rimettendola in gioco senza disastrose sovrapposizioni di ‘personalità’.
Altro aspetto fondamentale da me ricercato è la capacità di reinventare secondo lo spirito e i modi della tradizione, ma senza stravolgere le forme e i contenuti in nome di un giovanilismo culturale che, così come il successo mediatico, non sempre è garanzia di sincerità e validità.
 
Antonio Porpora Anastasio
direttore artistico

Carantàn
LA CROSERE DAL NUJE
Nicoletta Sedrani - voce, percussioni
Glauco Toniutti - voce, violino, mandolino, cornamusa, cucchiai
Stefano Durat - armoniche diatoniche
Andrea Barachino - chitarra
Martina Bertoni - violoncello
 
“La crosere dal nuje” in dialetto friulano significa “il crocevia del nulla”, mentre il termine “carantàn” indica una monetina in rame del valore di cinque centesimi, usata inizialmente in Carinzia alcuni secoli fa e che oggi nella lingua friulana ha assunto il significato di “modesto”. Da qui il detto “vali meno di un carantàn”, cioè “vali meno di nulla!”
Partendo dalla musica celtica, bretone, irlandese e scozzese, il gruppo mira al recupero e alla rielaborazione della musica friulana, dal Cinquecento fino all’epoca contemporanea, con l’aggiunta di composizioni originali in linea con il particolare stile tradizionale della zona, anche se “rivitalizzato” grazie all’apporto di timbri e modi lontani che finiscono col diventare la cifra distintiva del gruppo. Il repertorio dei Carantàn comprende canti tradizionali friulani e italiani che parlano di emigrazione, di guerra, di donne abbandonate, di satira, e danze tradizionali dell’antica Europa: contraddanze, polke, scottish, quadriglie, manfrine, furlane. Altra danza caratteristica è il ballo dell’orso, che richiama l’atmosfera delle fiere e dei mercati che si svolgevano in tutto l’arco alpino, dove una delle maggiori attrazioni era costituita da un orso incatenato, catturato ed addestrato da piccolo a saltellare sui carboni ardenti, con un anello inserito nelle narici, che ballava goffamente al suono di una semplice melodia intonata da una zampogna o al ritmo di un tamburo. Da qui un altro detto tradizionale friulano: “no sta far il bal da l’ors” (non cercare di fare ciò che non sai fare).
Il gruppo ha al suo attivo due compact disc (Trois, 1997; Il bal da l’ors, 2001) e alcune partecipazioni a compilation di musica etnica (Tutti i colori del Folk, 1995; Doimil, Music from Friuli, 1999; Tribù Italiche: Friuli V.G., 2001; Keltica 055, 2002).
 

Faraualla
BIRICOROBIRITOUR
Paola Arnesano - voce
Loredana Perrini - voce
Gabriella Schiavone - voce
Teresa Vallarella - voce
Pippo Ark D’Ambrosio - percussioni
Cesare Pastanella - percussioni
Gennaro Mele - fonico
 
“Faraualla” è una delle cavità carsiche più profonde presenti sull’altopiano murgiano, a nord-ovest di Bari. Questo luogo, una voragine di particolare suggestione che si apre fra distese di grano, pascoli e masserie, ha da sempre ispirato dicerie e credenze popolari. E’ un nome di origine incerta la cui pronuncia, nel dialetto originario, riempie la bocca di voce e, così come quando una parola dimentica il suo significato per ritornare suono puro, primitivo e potente, questa nuova percezione accresce la forza della vocalità nell’istinto del canto.
Il quartetto vocale Faraualla è nato nel 1995. Le cantanti del gruppo, provenienti da ambiti musicali differenti, utilizzano la voce come uno strumento, attraverso la pratica della polifonia e la profonda conoscenza delle possibilità espressive vocali. Il raffinato ed efficace apporto delle percussioni arricchisce e caratterizza il “sound” dell’ensemble rendendolo inimitabile.
Il repertorio del gruppo si basa su composizioni originali, che spesso si sviluppano da una matrice improvvisativa, e su brani tradizionali da cui emergono con forza le comuni radici culturali. Si tratta di complesse teatralizzazioni sonore, frutto di una grande capacità di sintesi fra culture, generi e stili diversissimi fra loro. Un’operazione sicuramente per ‘palati fini’, che comprende linguaggi musicali dal medio evo ad oggi, dallo Zecchino d’oro alla sperimentazione elettronica, il tutto filtrato da un’intelligenza musicale che non lascia dubbi sulla validità della ricerca.
In questo nuovo concerto, un viaggio musicale sincretico e sinergico con momenti di forte impatto emotivo e sonoro, per la prima volta s’intravedono elementi semantici di immediata comprensione.
Faraualla ha al suo attivo due splendidi compact disc: Faraualla, 1999; Sind’, 2002.
 

Tenores Gòine
BOCHES E SONOS DE SARDINNA 
Antonello Mura - boche, mesuboche
Francesco Pintori - boche, mesuboche
Giovanni Mossa - contra
Gavino Murgia - bassu, launeddas, sulittu
Franco Melis - launeddas
Giampaolo Piredda - organetto diatonico
 
Il gruppo di canto Tenores Gòine di Nuoro è nato nel 1997 e prende il nome da un toponimo di origine nuragica, proprio di una zona ai piedi del monte Orthobene (oggi Balubirde) identificata quale luogo dei primi insediamenti della città. Il gruppo ha tenuto concerti in tutta Italia e in molti paesi europei (Finlandia, Austria, Germania, Slovenia, Polonia, Spagna, Corsica etc.), ha avuto esperienze ‘fusion’ con gruppi di matrice pop e jazz ed ha curato master class sul “canto a tenore” al Conservatorio “J. Sibelius” di Helsinki. E’ di prossima uscita il suo primo compact disc, mentre varie registrazioni già compaiono in compilation di musica Sarda.
La formazione vocale, composta dalle tradizionali quattro voci, esegue i canti, profani e religiosi, secondo i canoni di quella che è considerata la più antica polifonia del Mediterraneo.
Le launeddas, strumento ‘endemico’ della Sardegna, sono da considerare una sorta di fossile sonoro. La loro età è attestata da un bronzetto nuragico, che rappresenta un suonatore di launeddas ittifallico, risalente a circa 3.500 anni fa. La struttura armonica di questo strumento riporta la stessa sovrapposizione delle voci del canto a tenore. Costituito da tre canne suonate contemporaneamente con l’impiego della respirazione circolare, le launeddas sono considerate il primo strumento polifonico ad ancia del mediterraneo. Il repertorio delle launeddas comprende generi assai distanti fra loro, come i balli tradizionali e la musica religiosa popolare.
L’organetto è uno strumento d’origine europea, importato in Sardegna alla fine dell’ottocento, rapidamente assurto a strumento principe della musica tradizionale sarda grazie al particolare stile “alternato” sviluppato dagli innumerevoli esecutori-virtuosi delle diverse danze presenti in ogni zona dell’isola.

E Zezi gruppo operaio 
ZEZI NO ZOZA
Irene Lungo - voce
Matteo D’Onofrio - voce
Sebastiano Ciccarelli - voce, tammorra
Vincenzo Ciccarelli - voce, tammorra
Angelo De Falco - percussioni popolari
Riccardo Veno - fiati
Francesco Migliaccio - fisarmonica
Gaetano Caliendo - chitarra
Gianni Mantice - chitarra
Vincenzo Salerno - basso
Roberto Sansone - batteria
 
Nel 1974, intorno ad un gruppo di lavoratori dell’Alfasud di Pomigliano d’Arco, nasce un collettivo musicale e teatrale per cantare le lotte della fabbrica sui ritmi delle tarantelle e delle tammurriate. E’ l’inizio del gruppo operaio ‘E Zezi, la più straordinaria esperienza di fusione tra musica popolare e canzone politica mai avvenuta in Italia. Rappresentanti dell’altra faccia della tradizione popolare campana, in contrasto con la musica popolare colta urbana ma molto vicini alla tradizione contadina e rituale, in quest’epoca di rimescolamento di linguaggi e di contenuti la loro coerenza resta un riferimento. ‘E Zezi sono come gli antichi guaritori, un po’ medici, un po’ illusionisti. Da trent’anni sono in guerra contro il marciume del mondo, e la loro rabbia è contagiosa.
Il titolo del concerto, assai emblematico, è una locuzione che riunisce una grande varietà di possibili interpretazioni. Il termine “Zezi” deriva dal nome di una delle protagoniste della rappresentazione popolare campana del tempo di carnevale: “La Canzone di Zeza”. Zeza, diminutivo di Lucrezia, è il prototipo della ruffiana, e l’espressione “fa ‘o zeza” indica chi, con furbizia ed insistenza, cerca di ottenere favori immeritati. Allo stesso modo, i verbi “zezià” o “zezzà” descrivono il far moine, smancerie, leziosaggini. “Zoza”, invece, deriva dall’italiano “zozza”, che a sua volta è la deformazione popolare di “suzzacchera”. Letteralmente, quest’ultimo termine significa “agro-dolce” e indica una bevanda medicinale a base di aceto e zucchero ma, fra gli altri significati, attribuiti localmente o figurati, abbiamo: “bevanda composta da una mistura di liquori scadenti”, “accozzaglia di gente di bassa estrazione sociale”, “rimprovero brusco e violento”, “cosa lunga e noiosa”, “feccia, rimasugli, scarto”. Ognuno scelga il significato che preferisce…
 

Tarantula garganica
QUELLE STRETTE VIE DEL SUD
Antonio Silvestri - voce, fisarmonica
Peppe Totaro - voce, chitarra francese
Matteo Ortuso - voce, chitarra battente
Andrea Stuppiello - tammorra, percussioni
Carmela Taronna, Nicoletta La Torre - ballo
 
“Tarantula Garganica” è il titolo di un famosissimo pezzo musicale, simbolo delle tradizioni popolari pugliesi, che evoca subito il suono e il ritmo della Tarantella, la danza magico-rituale che rappresenta la più alta ed efficace espressione musicale del sud Italia.
Il gruppo omonimo, formato da giovani musicisti di Monte Sant’Angelo, è nato in seguito ai risultati di un accurato lavoro di ricerca musicale svolto con liliale entusiasmo intervistando gli anziani testimoni-portatori dei centri storici dell’intera area garganica, dove la tradizione musicale popolare è ancora viva nonostante l’indiscriminato saccheggio e lo scriteriato sfruttamento di cui è stata oggetto negli ultimi trent’anni.
Il gruppo impiega esclusivamente strumenti tradizionali, ma con una compostezza, una solidità ed un’inventiva che lo collocano molto al di là della semplice “riproposta”. In questo caso, fisarmonica, chitarra francese, chitarra battente, castagnole e tammorre non sono il pretesto per l’ambientazione sonora di un evento folclorico, ma restituiscono la forza originaria di un mondo poetico che ha ancora molto da dire, se esibito ed ascoltato con umiltà. Ancora poco noto, Tarantula Garganica ha partecipato ai più importanti festival di musica tradizionale pugliesi (Gran Falò di Orsara di Puglia, Rassegna Folk Lucerina, Carpino Folk Festival, San Marco in Festival etc.) ed ha al suo attivo due splendidi compact disc: Sope a ‘na muntagne, 2004; Quelle strette vie del sud, 2005.

Kamastra e Qifti Arbëreshë 
VALLE VALLE 
Chiara Galasso - voce
Costanza Ionata - voce
Antonella Pelilli - voce
Monia Pelilli - voce
Cinzia Plescia - voce
Michele Galasso - voce, tastiere
Cristiano Iacovelli - voce, chitarra acustica
Pietro Iacovelli - chitarra acustica, mandolino
Giancarmelo Castelluccio - basso
Antonio Terzano - batteria
Tonino Salvador Conte - percussioni
 
“Arbëreshë” è il nome degli albanesi che ripararono in Italia a partire della seconda metà del 1400, a causa dell’invasione turca in Albania. Altri giunsero in Italia al seguito di Giorgio Castriota Skanderbeg, il quale soccorse Ferdinando d’Aragona in lotta contro gli Angioini che volevano impadronirsi del Regno. I baroni che si ribellarono al re furono definitivamente sconfitti dallo Skanderbeg nella famosa battaglia di Orsara, nel 1462. I feudi ricevuti in dono dal re costituirono i primi insediamenti arbëreshë in Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Molise. Identificati in passato come “gli albanesi d’Italia”, da qualche anno è stato recuperato il nome originario “arbëreshë” per distinguerli dalla nuova realtà albanese che si va costituendo con le recenti immigrazioni seguite al crollo dei regimi dell’est europeo.
Il gruppo corale “Kamastra” nasce a Montecilfone nel 1995, intorno ad un lavoro di ricerca sulle espressioni musicali tradizionali arbëreshë, e propone il materiale delle ricerche coniugando i canti e la musica delle antiche “vallje” con i ritmi e gli arrangiamenti moderni del gruppo strumentale “Qifti Arbëreshë” di Portocannone. “Kamastra” è un termine che non ha un corrispettivo in italiano e sta ad indicare la catena del caminetto alla quale viene agganciato il paiolo. La gente di Montecilfone attribuiva alla kamastra anche significati apotropaici, infatti, nelle giornate di temporale in cui la grandine costituiva un serio pericolo per i raccolti, le fanciulle ancora nubili gettavano nella strada la kamastra e un pugno di sale doppio per allontanare le nubi ed evitare la distruzione dei raccolti. “Qifti”, letteralmente “il falco”, è il simbolo dell’origine del popolo arbëreshë: il gruppo albanese che fondò i paesi albanofoni del Molise veniva da un luogo detto “Mali i Qiftit” (Monte del Falco).
 

 
Mario Salvi 
TARANTERÌA 
Mario Salvi - voce, organetto
Gisella Di Palermo - voce, castagnette
Antonio Esperti - clarinetto
Raffaele Inserra - tammorra, tamburello
 
«Taranterìa è il luogo magico dove le tarantelle, tradizionali e d’autore, si incontrano con l’organetto, strumento compagno del vento e del sole, che il respiro della terra rende forte nella voce, e, nel ritmo, simile all’acqua che corre impaziente verso il mare. Taranterìa è anche il punto dove suoni, ritmi e passi di danza dei tanti Sud d’Italia convergono, dove una molteplicità di linguaggi musicali regionali si accomuna nell’interpretazione dell’organetto, strumento di apparentamento e scambio culturale tra le genti del sud. Taranterìa è, infine, spazio sonoro e ritmico illimitato per uno spettacolo che invita alla più libera e liberatoria tra tutte le danze: la tarantella».
Mario Salvi è presente sulla scena della musica tradizionale fin dal 1977, quando svolse le sue prime ricerche musicali nel Lazio e in Campania. Il suo interesse si è rivolto prima agli strumenti tradizionali a percussione e poi, dal 1979, alla fisarmonica diatonica e bitonale tradizionalmente nota come “organetto”. Da allora, in pochi anni, è divenuto uno dei migliori interpreti dell’organetto italiano. Da venticinque anni svolge un’intensa attività concertistica ed ha suonato, sia da solista che in vari gruppi musicali, in Italia e in molti altri paesi europei. Dal 1981 si dedica all’insegnamento dell’organetto ed ha tenuto corsi e seminari in tutta Italia, in Spagna e in Olanda. Dal 2003 è docente di organetto al Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce, nell’ambito del corso sperimentale triennale di musica popolare. Ha al suo attivo quattro compact disc (Effetti Personali, 1988; Caldèra, 1997; Il mare di lato, 2002; Taranterìa, 2003) e numerose partecipazioni e collaborazioni discografiche. Nel 2001 ha creato il sito web www.organetto.it, il primo portale di informazioni interamente dedicato all’organetto in Italia.
Significativa, in Taranterìa, è la presenza del suonatore di tammorra e tamburello Raffaele Inserra, di Gragnano, uno fra i più autentici e rappresentativi interpreti della tradizione musicale popolare campana, profondo conoscitore dei vari stili esecutivi delle diverse tammurriate presenti nelle zone dove tale pratica rituale è ancora viva, nonché abile e sensibile costruttore di strumenti a percussione popolari dal timbro caratteristico e dalla straordinaria resistenza.